Liquirizia: la pianta, le virtù, le pecche

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Dato che caramelle e gomme da masticare appartengono (ormai lo sappiamo) ai CIBI-NO in un’alimentazione DietaGIFT, vediamo se possiamo concederci della gustosa liquirizia. Per saperlo, iniziamo a conoscerla meglio (la pianta, la lavorazione, il principio attivo) con l’aiuto di un esperto agronomo.

Ed in fondo all’articolo, qualche suggerimento di taglio DietaGIFT, per utilizzarla senza esagerare e conoscendone le eventuali controindicazioni.


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La liquirizia

di Mario Pria, dottore agronomo

Davanti alla vetrina del “caramellaio”…anni ’60. Io con mia zia Clelia che mi teneva la mano. Nell’altra mano mia sorella Cinzia, con il naso appiccicato al vetro del negozio. Ed in bella mostra, lei, la liquirizia. Ricordo due formati: lo stecco, e le stringhe, nere, arrotolate a girella. Quando le mangiava, a mia sorella,  rimaneva la lingua nera, e lei, apposta, me la tirava fuori, sapendo che a me dava un pochino fastidio..Ma le volevo bene  lo stesso!

In verità non capivo bene che cosa fosse, questa specie di caramella! E nemmeno capivo che gusto ci fosse a mettere in bocca un pezzo di legno!

La pianta

liquiriziapiantaLa liquirizia, in verità, è una pianta! Il suo nome è Glycyrrhiza glabra. Il nome del genere deriva da due parole greche: glycis (dolce, amabile) e rhiza (radice), ed indica proprio la parte edule della pianta: la radice!

E’ antichissima, di origine asiatica, conosciuta per le sue doti antiinfiammatorie dalle antiche civiltà egizie, indiane, greche e romane!

Approfondiamo le caratteristiche botaniche: prima di tutto è una pianta erbacea (cioè priva di fusto legnoso) ed è perenne. Questo tipo di piante sono di modesta altezza (essa arriva al massimo ad un metro di altezza), e sopravvivono per anni. In che modo? L’apparato vegetativo muore d’inverno, ma la pianta sopravvive d’inverno nella sua parte non visibile, l’apparato radicale. Il vero fusto della pianta è, infatti, sotterraneo ed è chiamato “rizoma”. Grazie a questo stratagemma evolutivo la pianta riesce a sopravvivere al freddo, ed ogni primavera emette fusti avventizi che fuoriescono dal terreno (sarebbero quelli che noi normalmente chiamiamo rami). Ovviamente per una buona coltivazione occorrerà scegliere un terreno tendenzialmente sabbioso e drenante, in modo che le radici possano ingrossarsi ed allungarsi meglio possibile!

E’ una leguminosa, appartenente alla famiglia delle fabacee (una volta leguminose), parente, quindi della fava, del pisello, del fagiolo. Infatti produce frutti a forma di legume, piuttosto corti (1,5cm). Ma non sono loro le parti che l’uomo sfrutta, bensì, come abbiamo detto sopra, le radici. Infatti le radici più consistenti (si raccolgono dal terzo anno di età in avanti, ad ottobre/novembre, quando la pianta entra in riposo ed il terreno non è troppo duro; le parti di radici non raccolte perpetuano il ciclo della pianta, facendola rivegetare in primavera e ricrescere), vengono fatte essiccare fino al raggiungimento del 10% di umidità, ricavando i noti bastoncini da succhiare. Alrimenti vengono bollite, favorendo la fuoriuscita della sostanza nera che poi viene lavorata in “nastrini” o pezzetti.

Il suo principio attivo

Il principio attivo pregiato è la “glicirrizina”, (ma contiene anche acido glicirrizico e glicirretinico), che è addirittura più dolce, pensate, del saccarosio;  ma attenzione a non assumerne più di mezzo grammo al giorno, in quanto, interferendo sull’equilibrio dei sali minerali del corpo,  può provocare vari effetti collaterali (astenia, ipertensione, ritenzione idrica, gonfiori, mal di testa). Ben lo sapevano i pastori sciiti 5.000 anni fa che, cibandosi di latte di capra e liquirizia, potevano affrontare lunghe camminate nel deserto senza patire la sete!

La liquirizia, ma dove?

In Italia vi è una tradizione colturale della liquirizia in Calabria, ma la pianta si adatta a vivere tranquillamente anche nel nord. Pensate che agli inizi del ‘900, le radici erano vendute solo in drogheria (che non è il “posto dove si vende la droga”, come pensava mia figlia da piccola, eheh), ma si dovette aspettare il mitico 1932, anno in cui venne messa in commercio la famosissima pastiglia da un grammo avvolta in una cartina bianco verde che prende il nome di un noto gigante… (per non fare pubblicità), che tutti, e dico tutti, abbiamo mangiato almeno una volta nella vita. E chi non ricorda i favolosi tronchetti fasciati da zucchero filato?

Oggi in Calabria si concentra l’80% della produzione italiana di liquirizia, una tradizione iniziata dal duca di Corigliano nel lontano 1715 che vi impiantò la prima fabbrica artigianale di trasformazione della liquirizia. Una volta, dopo la bollitura, veniva lavorata a mano da sapienti mani femminili, per ammorbidirla, prima di ribollirla nuovamente. Oggi questo lavoro lo fanno le macchine, ma il fascino dei tempi antichi, (ma forse lo è solo per noi che cominciamo ad avere un po’ troppi anni) lo possiamo rivivere assaggiandola ancora. E come spesso accade, i sapori ci legano ai ricordi, ed i ricordi al passato che purroppo non c’è più!

dr.agr. Mario Pria, contatto FB: Mario Pria
cell. 335 6032955
marioemmepi@gmail.com
www.marioemmepi.it


Liquirizia in DietaGIFT

Quindi, noi gifter, possiamo mangiarla?

  • caramelle e strisce: NO. Si ottengono con estratto di liquirizia, zucchero, addensante (ad esempio gomma arabica o gelatina, per ottenere la consistenza voluta), cera d’api (per renderla lucida), cloruro d’ammonio e melassa (che contribuisce al suo bel colore nero).
    Le più diffuse hanno uno zucchero come primo ingrediente (ad esempio sciroppo di melassa) e questo le rende ovviamente “caramelle”, in cui la liquirizia contribuisce con le sue benefiche proprietà solo in modo insignificante. La parte attrattiva è costituita dalla consistenza (che le rende molto popolari!) e dal gusto dolce. Quindi, ci dispiace, ma è un NO
  • bastoncini o radici: SI (con prudenza). Sono semplicemente le radici essiccate della pianta. I valori nutrizionali sono completamente diversi (vedi in fondo all’articolo), sia nell’apporto calorico che nel contenuto in zuccheri
  • tisane ed infusi: SI (con prudenza). Rimedio antichissimo, utilizzato anche nella medicina tradizionale cinese, contro tosse, intossicazioni alimentari e disturbi al fegato. Hanno anche una blanda proprietà lassativa
  • liquirizia e pressione: il principio attivo, la glicirizzina, inibisce un enzima adibito alla frammentazione degli ormoni cortisolo e aldosterone, allungandone quindi la vita e l’attività. Questi due ormoni sono tra i principali protagonisti del bilanciamento sodio/potassio. Un consumo costante di liquirizia, quindi, tramite la loro azione, aumenta la ritenzione di sodio e la perdita di potassio da parte dei reni, aumentando di conseguenza la pressione. Sembra sia sufficiente un consumo di 50gr di liquirizia al giorno per rilevare un aumento significativo di pressione già dopo 2 settimane!
    Quindi, mentre può essere anche un piccolo vantaggio nei casi di ipotensione (e comunque in caso di quadro patologico è meglio sempre aspettare la conferma del medico), questo aspetto è invece negativo in chi soffra di rialzi pressori o sia soggetto ad andamenti non regolari
  • liquirizia e celiachia: nelle caramelle e strisce è presente generalmente farina di frumento, il che lo rende non idoneo ad un’alimentazione gluten-free. Le radici, invece, di solito non contengono alcun elemento aggiunto, quindi vanno bene per celiaci, vegani, intolleranti al lattosio

In conclusione…

La liquirizia è un piacevole dono della Natura, ma va scelta nel formato corretto ed assunta con un po’ di moderazione.

Nelle foto, le tabelle nutrizionali, rispettivamente di “rotelle” (alto tenore in zucchero!) e di radici essiccate

Antonella Carini

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