Caro Banderas, parliamo di integrale

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di Antonella Carini

Escono spesso nuovi “prodotti” (o rielaborazioni di precedenti) come richiesto dall’esigenza promozionale e di ricerca delle industrie alimentari. Noi consumatori facciamo bene, anzi benissimo, a guardare dentro i nuovi prodotti, verificarne le qualità e premiarli, magari, con l’acquisto.
La curiosità e la verifica possono aiutarci ad essere consumatori più attenti e consapevoli.
Prendete l’integrale, ad esempio. Oggi cerchiamo di capire se il bell’Antonio (che tanti cuori ha infranto con cappa e spada, indimenticabile Zorro) ci ha visto bene quando ci presenta i nuovi “biscotti integrali”.

Direttamente dal sito del produttore
BiscottoIntegrale1

A prima vista, salta all’occhio quella definizione di “farina integrale” che viene specificata come “farina di frumento + crusca di frumento” e che, a noi gifter smaliziati, fa sobbalzare: che fine avrà fatto il preziosissimo germe?
Sicuri che trattasi di farina integrale?

Questo è l’enigma principale.

A seguire, varie aggiunte di zuccheri (raffinato+canna+miele) a cui si aggrega anche un estratto di marzo di orzo. Ne servivano così tanti?
Buono (non ottimo) il contenuto in fibre.
Ottimi i “cosa c’è”, “cosa non c’è”.

Rimane l’atroce dilemma sul concetto di “integrale”.

Possiamo rifarci con un altro prodotto presentato nella stessa fascia di biscotto naturale, salubre ed integrale? Eccone di seguito presentazione e composizione:

BiscottoIntegrale2

Qui la componente in fibre è decisamente maggiore, raggiungendo i 14g sui 100 di prodotto. Sale un pochino l’apporto proteico.

Ma gli zuccheri ancora sembrano dilagare: raffinato, di canna, quello presente nel “latte concentrato zuccherato” + lo sciroppo di glucosio.

E niente viene specificato sulla composizione della farina “integrale”. Speriamo che abbia conservato, finalmente, il germe. Anche perchè qui, il termine “integrale” è inserito proprio dentro il nome del biscottino stesso.

Siamo quindi pieni di fiducia, ma aspettiamo che la cosa sia ben definita scrivendolo chiaramente nella composizione riportata sul prodotto stesso. E’ a questo che servono le etichette: a dirci cosa stiamo per comprare e mangiare.

Belli i colori, le autopromozioni ed il pacchetto sfizioso.
Ma, in un mondo che vive di “outfit”, diamo più valore anche alla sostanza.